
Ho cercato, e trovato, a trent’anni esatti dalla strage di Capaci, l’audiocassetta di una conferenza che aveva tenuto l’anno precedente il Dottor Falcone, a Roma, alla Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza sul tema dell’attacco delle organizzazioni mafiose alle istituzioni democratiche, al termine della quale avevo rivolto al magistrato la domanda che trascrivo. L’audio della domanda e della prima parte della risposta si può scaricare DA QUI e la seconda parte della risposta DA QUI.
DOMANDA DEL MAGGIORE DELLA GUARDIA DI FINANZA GIUSEPPE FORTUNA
PRESIDENTE: «Avanti, Signor Maggiore, prego.»
FORTUNA: «Sono il Maggiore Fortuna. Non so se questa è una domanda “tecnica”, come ci ha sollecitato il Generale Ispettore. Il Dottor Falcone ci ha fatto un quadro veramente pessimistico. E lei in effetti …»
FALCONE: «Chiamiamolo “realistico”»
FORTUNA: Un quadro “agghiacciante”, lei ha usato questo termine. Ora volevo chiedere questo, sostanzialmente: io credo che l’attacco della mafia alle istituzioni “democratiche”, perché di questo si parla e questa è la posta in gioco, si possa combattere esclusivamente con la trasparenza.
Probabilmente c’è più bisogno da noi, in Italia, di trasparenza che non di “glasnost” in Unione Sovietica.Noi abbiamo un sistema economico che tollera abbondantemente, anzi probabilmente si basa in buona parte, sull’economia sommersa. Noi abbiamo un sistema bancario strutturato in modo tale che la ricchezza circola prevalentemente al portatore: bot, cct, libretti al portatore, assegni con girate in bianco, eccetera. Noi abbiamo un sistema di rappresentanza elettorale – e mi scusi Signor Generale ma volevo rappresentare questo – in cui l’espressione della preferenza del singolo elettore viene mediata da strutture che non hanno niente, anzi diciamo che sono la negazione della trasparenza. Il caso di Palermo con i settantamila voti mi sembra più che indicativo.
E questa è necessariamente un’analisi molto sommaria.
Volevo chiedere se un’indicazione di tipo positivo la si può cogliere in questo attacco mafioso, anche in relazione a quello che sta succedendo a livello di integrazione europea, se può portare all’esplosione di queste contraddizioni, al superamento di queste contraddizioni verso uno Stato, anche a livello di pubblica amministrazione, che sia realmente democratico.»
RISPOSTA DEL DOTTOR GIOVANNI FALCONE
FALCONE: «Questa è una domanda da cinque milioni di dollari! Comunque, è una buona domanda. Molto buona questa domanda.
Io stamattina leggevo sulla stampa un articolo di De Mita in cui si riconosceva che IL SISTEMA DEI PARTITI in Italia adesso è tale che NON RAPPRESENTA PIÙ LE SPERANZE DELLA GENTE. E quindi, essendo tramontato il sistema delle coalizioni di degasperiana memoria, o i partiti esprimeranno, attraverso la modifica del sistema elettorale queste nuove esigenze della società OPPURE CI SARÀ L’ESPLOSIONE DELLE LEGHE e così via.. Un’idea politica che in buona parte credo che sia largamente condivisa un po’ da tutti i partiti, sia pure sotto profili e angolazioni diverse. Ed è un’analisi che indubbiamente è degna di rispetto, ma che non è questa la sede per approfondire, né io sento di avere la capacità per discuterne.
Ma una cosa mi sembra importante. Queste analisi, queste valutazioni non devono servire – e faccio questa considerazione perché spesso mi capita di dovermi confrontare con considerazioni di questo genere –, queste analisi, queste valutazioni non devono servire, sia pure espresse nella migliore buona fede, PER SOTTRARCI ALLE NOSTRE RESPONSABILITÀ.
Ricordo che quando dico “alle nostre”, intendo dire alle nostre come servitori dello Stato, come soggetti che siamo istituzionalmente preposti alla repressione di questi fenomeni. Perché una cosa è l’opera di bonifica, di prevenzione sociale, altra è l’opera di repressione.
Tempo addietro, pochi giorni addietro, in una affollata e partecipata assemblea di magistrati a Palermo, c’è stato chi, accogliendo peraltro larghi consensi, sosteneva che È INUTILE IMPEGNARCI IN CERTE COSE PERCHÉ SAREBBE COME RACCOGLIERE, TENTARE DI SVUOTARE L’OCEANO CON IL SECCHIELLO.
È stata molto appropriata la RISPOSTA DI ARMANDO SPATARO, che credo conosciate tutti, il quale ha detto “Beh, anche se fosse questo il compito che ci viene assegnato dovremmo farlo comunque”.
E poi – scusatemi – se mi si dice che questa realtà, come da me descritta, è “AGGHIACCIANTE”, per cui la mia valutazione sarebbe pessimistica, sono rammaricato di aver dato questa immagine. Perché non è pessimistica.
Noi siamo uomini, come sono uomini questi che fanno parte di un altro versante, del versante della criminalità organizzata. E come tutte le cose umane sono aggredibili e superabili. E non mi va nemmeno di pensare alle istituzioni come “ALTRO DA NOI”. Questo è un vezzo che c’è soprattutto tra noi magistrati. NOI SIAMO LE ISTITUZIONI. E non c’è una società che è “diversa” dalle istituzioni. Non c’è un determinato gruppo politico, un determinato corpo istituzionale con cui dover stabilire se dialogare o meno a seconda delle persone che ricoprono quell’incarico.
IO CREDO CHE SPESSO LA DIFFICOLTÀ DEI PROBLEMI – ovviamente non è il suo caso – E LA COMPLESSITÀ DEGLI STESSI, È UN COMODO ALIBI PER NON FARE NULLA.
Ricordo che all’indomani dell’omicidio di Ninni Cassarà, a Palermo, furono mandati – ovviamente tutti, e ovviamente per pochissimi mesi – I MIGLIORI INVESTIGATORI D’ITALIA. E un funzionario di polizia mi disse sbalordito che, entrato all’Autoparco, si sente dire dal maresciallo: “Oh, finalmente vedo un funzionario di polizia dopo vent’anni”. Cioè, QUELLO CHE ALTROVE È LA REGOLA IN CERTE ZONE D’ITALIA NON LO È AFFATTO.
E qui colgo l’occasione per una doverosa e puntuale precisazione.
Finiamola di dire che nell’Italia meridionale c’è la maggiore concentrazione di poliziotti di tutta l’Italia. C’è bisogno, sì, di poliziotti, c’è bisogno di carabinieri, c’è bisogno di finanzieri. Ma C’È SOPRATTUTTO BISOGNO DI “INVESTIGATORI”.
Quella che deve migliorare non è LA QUANTITÀ, ma è LA “QUALITÀ”. Fino a quando non si comprenderà questo, si farà sempre soltanto attività DI FACCIATA. Questo è importante a mio avviso.»